Onorevoli Colleghi! - Il Protocollo di Kyoto, firmato nel 1997 e ratificato dall'Italia con legge n. 120 del 2002, è lo strumento attuativo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottata a New York il 9 maggio 1992 (ratificata con la legge n. 65 del 1994), che impegna a limitare le emissioni annue di gas serra dei Paesi aderenti nella misura del 5,2 per cento rispetto ai valori dell'anno 1990, in un lasso di tempo compreso tra l'anno 2008 e l'anno 2012.
      In tale ambito l'Unione europea ha assunto l'impegno di una riduzione dell'8 per cento, e in particolare del 6,5 per cento per quanto riguarda l'Italia: obiettivi oggi superati dalle nuove proposte della Commissione europea, del gennaio 2007, dirette a contrastare i mutamenti climatici attraverso la sicurezza dell'approvvigionamento energetico, la competitività dei mercati e lo sviluppo sostenibile. Nell'ambito di questa strategia viene indicato, come obiettivo quantitativo, che il mix energetico dell'Unione europea, nell'anno 2020, sia rappresentato per il 20 per cento da fonti rinnovabili.
      Tale ambizioso risultato è da considerare difficilmente raggiungibile, se non tramite il deciso miglioramento dei processi produttivi e industriali miranti all'aumento dell'efficienza e il forte incremento della quota di produzione di energia derivante da fonti rinnovabili. Queste ultime, peraltro, oltre a fornire risposte ai

 

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problemi di sostenibilità ambientale, offrono l'opportunità di garantire il mantenimento di un reddito agricolo, contribuendo anche alla creazione di nuovi posti di lavoro.
      L'utilizzo delle possibili forme di energia rinnovabile, unitamente al perseguimento di politiche di efficienza, consentirebbe, inoltre, un significativo alleggerimento della bilancia commerciale del deficit di settore.
      Va ancora rilevato che i seminativi, che comprendono molte colture industriali, subiscono oggi in maniera forte la concorrenza estera; la riconversione, anche parziale, di tali produzioni verso le filiere energetiche può costituire, quindi, un'importante alternativa per le imprese agricole.
      Le «bionergie» potrebbero anche sostenere in modo proficuo lo sviluppo della multifunzionalità dell'azienda agricola, attraverso reali alternative di riconversione verso l'erogazione di servizi rispondenti alle esigenze di tipo energetico-ambientale.
      Il ruolo delle fonti di energia rinnovabile, inoltre, potrebbe essere anche quello di favorire lo sviluppo di un rapporto sinergico tra agricoltura e industria, che potrebbe costituire un elemento di crescita per l'economia in generale. In questo caso la tutela ambientale, normalmente percepita dal sistema produttivo come un gravame di vincoli e di restrizioni, verrebbe ad assumere un ruolo di volano per lo sviluppo economico e sociale.
      L'utilizzo maggiore delle bioenergie consentirebbe, a differenza di altre risorse sia convenzionali che rinnovabili, una minore dipendenza da sistemi di produzione energetica ad alta intensità e la creazione di vere e proprie aree distrettuali di produzione, esaltando i princìpi della generazione diffusa e contribuendo ad aumentare l'efficienza dei consumi.
      Peraltro, con la presente proposta di legge, si vogliono definire anche una strategia più incisiva e una migliore integrazione in materia di politica energetica, agricola e ambientale. Tutto ciò può realizzarsi con la previsione di specifici interventi per il comparto e con la definizione di linee guida per gli operatori agro-industriali.
      La produzione delle bioenergie da parte dell'imprenditore agricolo necessita, quindi, di interventi normativi classificatori per ciò che riguarda le disposizioni a tutela della produzione e dell'impiego dei biocombustibili, nell'ottica dello sviluppo di una vera filiera nazionale. In tale ambito occorre favorire maggiormente le politiche di integrazione tra gli attori del sistema, dando la possibilità di programmare gli interventi e la relativa durata, nonché di usufruire di un maggiore afflusso degli investimenti con tempi interessanti di rientro.
      A tale fine è opportuno predisporre una rete integrata di supporto, a livello informativo, amministrativo, economico e fiscale, che, da un lato, garantisca l'attuazione di misure efficaci in materia di sviluppo e di gestione della domanda di energia e, dall'altro, sia orientata a dare continuità all'azione indirizzata ad una strategia energetica coerente e globale, in grado di offrire risposte certe ai molti problemi di politica ambientale, energetica e agricola.
      Di prioritaria importanza sono gli interventi sul piano normativo e di defiscalizzazione, tendenti all'aumento consistente della domanda, con l'individuazione e lo sviluppo programmato dei cosiddetti «sbocchi di mercato», ad esempio per i biocombustibili.
      Le metodologie applicative per la realizzazione di tali obiettivi vanno definite attraverso gli strumenti della programmazione negoziata, con accordi di programma tra le amministrazioni, ma soprattutto attraverso intese e contratti di filiera tra gli operatori del settore, nel rispetto del principio di sussidiarietà, diretti ad incentivare al massimo grado l'iniziativa privata.
      Si può così favorire, attraverso il passaggio graduale da un sistema fondato sulla defiscalizzazione ad uno basato sulla reale liberalizzazione del mercato delle bioenergie, lo sviluppo di filiere e di interventi
 

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agricoli integrati in produzioni nazionali.
      Si deve tendere alla partecipazione attiva degli agricoltori nelle forme societarie e di aggregazione dell'offerta, nonché al miglioramento delle tecnologie utilizzate, la cui convenienza economica sia basata soprattutto sul miglioramento complessivo dell'efficienza del sistema.
      Si intende definire, pertanto, in maniera esplicita e giuridicamente efficace, il sistema delle produzioni agroenergetiche, in modo che l'esercizio delle relative attività di produzione, trasformazione e commercializzazione sia configurabile completamente come attività prevalente o connessa di ambito agricolo e, quindi, sia idonea ad usufruire delle forme di agevolazione e di facilitazione riservate a tale settore, tra le quali è indispensabile che siano previsti, nell'ambito degli incentivi, specifici «certificati verdi agricoli».
      Si definiscono il prodotto agroenergetico e, quindi, anche le «attività agroenergetiche», qualificandole come attività connesse, di cui all'articolo 2135 del codice civile; inoltre, si introduce, in seno alle organizzazioni di produttori agroenergetici e alle relative forme associate, la figura dell'azienda agroenergetica, anche al fine di concorrere al raggiungimento degli obiettivi fissati dal citato Protocollo di Kyoto.
      Si incentivano così la produzione e l'utilizzo delle fonti agroenergetiche ottenute sul territorio nazionale attraverso il riconoscimento dei distretti agroenergetici, l'erogazione dei benefìci previsti dalla partecipazione ai contratti quadro e di filiera agroenergetici di cui all'articolo 2-quater del decreto-legge n. 2 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 81 del 2006, e, infine, come previsto anche dal Fondo di cui al comma 362 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), si promuove la concessione di incentivi in conto interessi alle aziende che investono al fine di realizzare gli impianti per la produzione di bioenergia.
      Infine, si intende favorire la riorganizzazione delle associazioni di produttori appartenenti a organizzazioni comuni di mercato (OCM) di produzioni che hanno subìto drastici ridimensionamenti a livello nazionale, come il settore bieticolo-saccarifero, dando a tali associazioni la possibilità di configurarsi come unioni nazionali di organizzazioni di produttori, come previsto dal decreto legislativo n. 102 del 2005.
 

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